Silvia, la scelta della solitudine L'ultima
volta che è uscita di casa era il 1995 e l'ha fatto per visitare
un'amica malata. Poi ha deciso di non oltrepassare il pianerottolo
della sua casa e a 74 anni ha rinunciato a vivere la città. Ecco la
storia di Sivia Moreschi
di Angela Puchetti
Non vedere più le strade del quartiere, non andare a fare la spesa,
non arrivare a prendere la posta, non andare di persona a comprarsi
un vestito, neanche a far le analisi, dal dottore o in banca. Non
oltrepassare il proprio pianerottolo.
Da circa 14 anni il suo mondo è tra le mura di casa, perfettamente
in ordine. Dal novembre 1994, a 74 anni, non è più uscita ad
eccezione di una volta, nel 1995, per andare a trovare un'amica
malata.
Poi basta. Tutto cominciò da una convalescenza per una forma di
anemia che l'aveva indebolita. Poi è diventato normale non uscire:
un po' di agorafobia o almeno di claustrofilia sopraggiunte col
tempo hanno fatto il resto. Abitando da sola ha distillato questo
stile di vita a senso unico. Organizzato senza Internet, senza Sky,
senza fax, senza telefonino. Dove comunque sono le cose e gli altri
che devono arrivare a lei. La montagna che va da Maometto.
«Ho fatto la cura della pazienza — dichiara Silvia Moreschi, 87
anni, signora di spirito e carattere che dopo la morte del marito,
nel 1977, ha gestito fino al 1990 un garage in via Messina — Il
problema sono i rifornimenti e quello che ti occorre. Le cose
stupide diventano difficili. Pochi passi di distanza diventano
giorni e giorni di attesa.
Non è difficile abitare da soli. La difficoltà sta nell'ottenere
dagli altri qualcosa di utile. Lo chiedi blu e arriva rosso. Alla
fine devi prendere quello che ti portano. Non si può litigare tutte
le volte».
Una signora sudamericana le fa la spesa una volta a settimana. E
lei per l'occasione prepara una lista accurata in modo da avere il
necessario giorno per giorno, in base ai ricordi, a qualche
desiderio e guardando le foto dei depliant con le offerte.
Quando ha chiuso il supermercato della Standa è scomparsa una stiva
di marche e prodotti preferiti che sapeva dove mandare a comperare.
«Io non ho mai visto il "dì per dì" dove adesso mi fanno la spesa,
credevo avessero una cassiera sola», spiega Moreschi. Se nella
lista mancano le cipolle oppure le melanzane quel giorno non
approdano fino a lei per un qualunque motivo, tipo "erano troppo
grandi", non se ne riparla che la settimana dopo. Perfino trovare
un buon piumino per spolverare è valso diverse richieste, sei mesi
e una collezione di attrezzi poco adeguati. Fino alla scoperta
dell'esistenza dello Swiffer.
Altra difficoltà in corso: avere una sedia con i braccioli per
alzarsi facendo leva sulle braccia. Telefonando le hanno detto che
deve recarsi nel punto vendita. Un "trauma" è stata la scomparsa
della sarta da cui si serviva: non ne ha ancora trovata un'altra
nonostante le promesse di qualche nome che poi non è mai arrivato.
Dettagli a cui la gente che va e che viene non dà peso. «Ho diversi
capi di abbigliamento ordinati sul cataloghi dell'Euronova ma
arrivati nella taglia sbagliata, troppo grandi: riposano lì
nell'armadio», continua Silvia Moreschi.
Tra telefonate e visite del cugino che l'aiuta per esempio nelle
operazioni con la banca e ogni tanto si ferma a cena, gli
appuntamenti saltuari con l'infermiera, la parrucchiera, la signora
della spesa e un altro ragazzo dell'Ecuador che si occupa delle
pulizie più faticose, la vita va avanti.
Essere lucidi non giova sempre. «Tutti i trucchi sono buoni per
sopravvivere. Tengo acceso il televisore che riempie l'aria — dice —�
, a volte invento colloqui con mia madre, ci litigo e il tempo
passa. Sarà perché non succede molto, mi rifugio nel passato:
rivivo ogni momento della mia vita, è come se fosse successo ieri.
Quando non riesco a dormire mi stanco con le parole crociate
dell'Enigmistica per esperti. Fanno tribolare bene. Se non trovo la
soluzione faccio mattina. Oppure faccio i conti, registro tutto e
faccio la quadratura del bilancio a fine anno come facevo quando
lavoravo».
Sono più lunghi i giorni o le notti? «Passano meglio le notti».
Grande appassionata di sport, non perde una partita, le gare di
Formula Uno, il Motomondiale e aspetta le Olimpiadi. Amici sono
anche i quadri, perché ama l'arte e i tanti libri arrivati per
corrispondenza: dai volumi di Susan Sontag ("In America") a Paulo
Coelho ("Come il fiume che scorre"), da Stephen King ("Il miglio
verde") a John Grisham ("Il testamento") e Anthony Godby Johnson
("Ho chiesto di avere le ali"). Paure? «Alla mia età? Tutt'al più
si muore». Uscire? «No, non ci tengo. L'unica cosa che rimpiango è
guidare la macchina».(27 giugno 2008)
Avesse almeno internet le potremmo tenere compania....mi fa tanta malinconia ........